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Come la scuderia Aston Martin si aggiudicò la vittoria a Le Mans

Il team Aston Martin era sotto pressione in vista della 24 Ore di Le Mans del 1959. Dopo un decennio di tentativi e tre secondi posti, il proprietario David Brown era deciso a vincere uno dei maggiori eventi delle corse sportive.

Il passaggio regolamentare a motori da tre litri per il 1958 avrebbe dovuto giocare a favore della scuderia Aston dal momento che tale mossa vietava essenzialmente le macchine di maggiore cilindrata che avevano precedentemente battuto il marchio britannico. Ma il successo era svanito di fronte alla pertinace concorrenza della Ferrari.

Tuttavia, per la stagione 1959, il direttore di gara Reg Parnell aveva a disposizione tre de modelli DBR1/300 del progettista Ted Cutting, più un esemplare privateer. Le Aston Martin ufficiali equipaggiate con pneumatici Avon furono modificate appositamente per l'evento, con carenature in corrispondenza delle ruote posteriori e carrozzeria posteriore rialzata per aumentare la velocità sul rettilineo di Mulsanne.

Benché fossero ancora più lente delle tre potenti Ferrari 250 Testa Rossa, le Aston Martin furono più performanti. Inoltre, il team contava sulla presenza di Stirling Moss quale capo dello schieramento dei piloti.

Il responsabile della squadra John Wyer, che più tardi avrebbe raggiunto il successo con le celebri Ford GT40 Gulf e Porsche 917, diede a Moss il compito di dare battaglia alle Ferrari fin dall'inizio. Ciò succedeva in un'epoca in cui le auto normalmente dovevano essere trattate con cura per poter durare fino al termine di questa gara estenuante di 24 ore.

"Non credo che Stirling avesse mai pensato di completare quella gara", Cutting dichiarò ad Autosport nel 2009. Non era il suo compito. Avevamo la sensazione che le Ferrari avessero un difetto in quella stagione - il surriscaldamento - e volevamo approfittarne".

L'auto di Moss, condivisa con Jack Fairman, aveva anche in dotazione la vecchia versione a quattro cuscinetti del motore a sei cilindri in linea da tre litri. Era più potente dei propulsori a sette cuscinetti delle altre due auto, a probabile scapito dell'affidabilità. Moss in seguito avrebbe affermato che "non aveva intenzione di ritirarsi" ma ammise di apprezzare la possibilità di una guida impegnativa piuttosto che girare a vuoto.

Non sarebbe stato così per le altre due auto. Mentre la Ferrari di Jean Behra avrebbe stabilito il giro più veloce di 4 m 00,9 s, a Roy Salvadori e Carroll Shelby fu assegnato un tempo target di oltre 10 s più lento mentre a Maurice Trintignant e Paul Frere fu consigliato di correre in modo ancora più prudente a bordo del terzo modello di DBR1.

Carroll Shelby (a destra) conversa con David Brown mentre Reg Parnell grida ordini ai meccanici nei box

Moss scattò alla partenza, sfruttando al massimo il telaio della sua Aston e gli pneumatici Avon per piazzarsi in testa. Trascinò le Ferrari e dopo il sorpasso di Behra nella seconda ora l'Aston si infilò nella sua scia mentre Moss lottava per il primato. "Era Moss contro le Ferrari a più non posso", dichiarò Gregor Grant di Autosport.

Moss riuscì a riprendere il comando prima della fine del suo stint. Fairman non riuscì a tenere il ritmo di Moss quando saltò a bordo, ma quando la loro DBR1 ebbe un guasto al motore, la Ferrari guidata da Cliff Allison e Hermano da Silva Ramos si era già ritirata. La Testa Rossa di Behra e Dan Gurney, rimasta inizialmente in testa, non arrivò nemmeno a metà percorso.

Mentre gli altri piloti erano in difficoltà, le scattanti soste ai box e i giri a velocità costante consentirono a Roy Salvadori e Carroll Shelby di risalire dall'ottavo posto al termine della prima ora e di piazzarsi al comando della gara dopo sette ore.

I ritardi che si verificarono nelle ore notturne consentirono alla Ferrari di Olivier Gendebien e Phil Hill ancora in gara di rimanere saldamente al comando. I vincitori del 1958 che erano riusciti a non lasciarsi trascinare nelle prime fasi combattute della gara, sembravano ora relegare l'Aston a un frustrante 2º o 3º posto.

La sfida del bolide inglese fu resa ancora più difficile dall'ustione al piede destro di Roy Salvadori procuratagli da una marmitta deviata e da un raffreddore, mentre Carroll Shelby era (segretamente) preoccupato per il problema al cuore che l'avrebbe costretto a ritirarsi dalle competizioni l'anno successivo.

Ma a quattro ore dalla fine, il surriscaldamento della Ferrari sempre più esausta a giudicare dal rumore, ne decretò la squalifica. Preso il comando, Roy Salvadori continuò a gareggiare a velocità ridotta per quanto poté nonostante la ferita al piede prima di cedere il posto a Carroll Shelby per la volata finale verso il traguardo.

"Le ultime tre ore sembrarono un'eternità per l'Aston Martin", dichiarò Grant, ma non c'era alcuna minaccia da dietro. Le Ferrari GT al terzo e quarto posto erano in ritardo di oltre 20 giri.

La DBR1 numero cinque tagliò il traguardo dopo 24 ore totalizzando 323 giri, uno in più dell'altro modello Aston, per aggiudicarsi la prima - e, oltre 60 anni dopo, l'unica - vittoria assoluta a Le Mans della Aston Martin. Soltanto 13 delle 53 auto alla griglia di partenza riuscirono a completare l'estenuante gara.

Oltre ad essere indubbiamente la maggiore impresa automobilistica dell'Aston Martin, consentì alla scuderia inglese di prepararsi alla resa dei conti nel campionato con la Ferrari e la Porsche. Nell'autodromo di Goodwood, un altro brillante exploit di Moss, che aveva precedentemente convinto Brown a mandare una macchina al circuito di Nürburgring dove Stirling con una delle sue performance più eclatanti si era aggiudicato una vittoria cruciale, avrebbe consentito al team Aston Martin che montava pneumatici Avon di mettere le mani sul Campionato del mondo sportprototipi.